La famiglia Cella o della Cella è documentata in zona già nel cinquecento e nel 1713 questo insediamento apparteneva all'Ospedale Maggiore di Cremona.
Le modificazioni rilevabili nei catasti successivi e sino ad oggi si possono, rispetto la situazione documentata a metà settecento dal Catasto Teresiano, considerare come variazioni sullo stesso tema di progetto, una corte chiusa di dimensioni regolari con attraversamento laterale verso la campagna. Il perimetro pressoché regolare della corte, chiuso a meridione dalle case coloniche tuttora riconoscibili nelle loro forme più antiche, si riconferma nel tempo attraverso le sostituzioni e sovrapposizione degli edifici del lavoro.
Nel catasto del 1868 due ali parallele, ora scomparse affiancavano la strada, formando l'ingresso costruito alla corte.
Condizioni del sito anomale fanno della cascina Cicognaro un caso unico per il territorio di Genivolta: essa è posta infatti nella campagna sud-est, oltre il Montirone, dove la linea di ciglio, mutata la consueta disposizione, rivolge il pendio a nord, verso l'Oglio.
La particolarità del luogo incide in modo evidente sulla disposizione della corte che sfrutta la possibilità di un prevalente orientamento a sud dei corpi.
Come si osserva nel catasto del 1868 due corpi edilizi si contrappongono, affacciandosi sull'aia e individuandone le dimensioni.
Delle successive modificazioni si nota soprattutto la costruzione di un corpo in linea continua, chiuso verso nord dove segue l'andamento della strada consorziale formando un lungo fronte che si oppone nella distanza di campi alla cascina Settala.
Alla fine del XVIII secolo, soglia del Catasto Teresiano, era costituita da due corpi allineati su strada, prospicienti la grande aia di forma irregolare aperta al sud, separati dall'ingresso principale che metteva direttamente alla corte.
Le successive soglie catastali nel corso dell'ottocento e fino al 1901 mostrano il progressivo completamento dell'edificio lungo il perimetro della corte, che raggiunge nel tempo una forma pressoché rettangolare.
Al nord dell'aia rialzata prospetta tuttora la sequenza originaria della casa padronale, con regolari ordini di finestre, e del porticato avanzato, ad archi e pilastri, il cui ritmo costituisce il principio costruttivo e la misura degli altri corpi perimetrali aggiunti più di recente.
Oggi non più esistente, era una proprietà della Mensa Vescovile da cui dipendevano 1150 pertiche e già ricordata a partire dal cinquecento.
Tipologicamente non dissimile dalle cascine della campagna limitrofa, era una grande corte trapezoidale posta al centro dell'abitato, sulla via che attraversa il paese: gli edifici, case coloniche e corpi rustici che perimetravano la grande aia in continuità con la corte della filanda, definivano il fronte rustico del paese opposto gli edifici civili: il municipio, la chiesa, la scuola.
A ovest, ove il terreno scendeva rapido verso gli orti, il lungo prospetto della cascina costituiva il limite del paese.
Presentava nel catasti ottocenteschi la successione di tre corti: al centro la grande aia delimitata a sud-ovest da un passo rustico che la separava dalla corte degli animali, e a nord ovest dalle case coloniche che definivano una corte più piccola con il fronte civile su strada.
Alla fine del XIX secolo partirono da qui alcune importanti agitazioni contadine.
Geoportale della Lombardia, estratto dell'aerofotogrammetico dell'anno 1975. Vi si riconosce davanti al palazzo comunale il complesso della cascina Cortilazzo.
Cascina Dosso Stalluzzo
Verso i confini settentrionali del territorio comunale, in un punto alto della strada consorziale della Maccapane, si erge il Dosso Staluzzo, noto nel XVI secolo come Dosso de' Zucchi.
Nel 1713 apparteneva i nobili Azzanelli , importante e antica famiglia di Soncino; sopra un certo periodo, per un certo periodo ai primi del XIX secolo fu comune autonomo, forse con propria deputazione, poi unito a Genivolta.
Nel 1826 era ancora degli Azzanelli che disponevano particolari beneficenze per i contadini della cascina.
Nel suo isolamento dominava un tempo zone di campagna particolarmente insalubri; la posizione preminente rispetto alla piana coltivata sottostante, la costruzione chiusa lungo tutto il perimetro in fronti alti montati e delimitano la corte nord, mettono ancora oggi il Dosso Stalluzzo in relazione alle costruzioni fortificate; propri di questa tradizione sono il muro scarpa, che qui va ad assorbire il dislivello del terreno, e il toro che segna all'esterno il livello dalla corte interna.
Nel catasto del 1855 il Dosso Stalluzzo presenta già la successione di due corti: la corte nord, definita su tre lati da case coloniche, si salda, attraverso il corpo della casa padronale, avanzato sul prospetto est, alla seconda corte, l'aia.
Una terza corte, più piccola delle precedenti, è stata aggiunta successivamente al nord della prima corte.
Dove il dislivello rispetto dei campi è maggiore, il fronte, visibile a grande distanza, rivela in facciata l'organizzazione interna della cascina con la successione di case coloniche, villa, brolo, corpi rustici.
Alla vista da lontano che mette in rilievo l'aspetto "castellano" dell'insediamento, corrisponde soprattutto la successione degli elementi all'interno della corte principale da abitazioni, dove le trasformazioni d'uso e ripristini più recenti applicati alla casa padronale e al giardino antistante secondo un principio di separazione, lasciando tuttavia inalterati i rapporti e le gerarchie originarie
I terreni ondulati a mezzogiorno della cascina.
Una porzione diroccata del complesso.
Cascina Maccapane
Denominata anticamente Dosso dei Frati, ancora nel 1713 di proprietà dei padri domenicani di San Giacomo a Soncino, la Cascina Maccapane o Mancapane è situata sull'omonima strada consorziale che porta verso il Dosso Stalluzzo in direzione di Soncino.
Si compone di due corpi paralleli, con successione in linea di case coloniche è corpi rustici; le prime, che custodiscono le permanenze del nucleo costruito nel XVIII secolo, vanno definire una corte stretta e allungata aperta su strada (come appare nel catasto del 1855) e chiusa da un breve corpo che unisce due edifici paralleli verso ovest (presenti nel catasto successivo).
All'est, la corte, delimitata da corpi rustici, si allarga verso sud, pur mantenendo il parallelismo delle case coloniche; le due testate dei rustici seguono a est dell'andamento del terreno in declivio.
Successive aggiunte e le sostituzioni hanno regolarizzato la corte attraverso la costruzione a est di un basso rustico e con l'allineamento delle case coloniche sull'asse della corte rurale.
Cascina Montirone
Se a prima vista la cascina Montirone non si discosta da altre corti agricole costruite sui dossi e in stato di grave obsolescenza, ai suoi muri cadenti è affidato principalmente il compito di rappresentare l'originario abitato di Montirone, fortificato verso l'Oglio, e l'antico convento: nel luogo sono documentati un santuario campestre e le vicende di una piccola comunità religiosa annessa, conclusasi con la sua soppressione sul finire del secolo diciottesimo.
Rimane da osservare, accanto alle misure ricorrenti dei lati dell'aia, l'assoluzione di ingresso sul lato sinistro, corrispondente all'asse dei portici interni.
Cascine Ronche
La località è forse ricordata nel 1173 in un atto ove si parlava di una pezza di terra arativa e prativa ubicata in Curte Cumignani ubi dicitur Runcha.
Costruito ai bordi dell'abitato in sito pianeggiante, sulla strada per Cumignano, il nucleo primitivo della sezione delle Ronche apparteneva alla Mensa Vescovile in una zona risicola e insalubre per la presenza delle marcite, controllando 2.334 pertiche.
Nel 1855 le Ronche sono costituite da un corpo in linea, articolato in case coloniche e corpi rustici, aperto sull'aia a mezzogiorno.
L'ingresso principale.
Uno scorcio.
Alla soglia di rilievo successivo, nel 1868, la situazione risulta profondamente mutata; il fondo in origine indiviso appare nella costruzione due cascine separate.
Il corpo di linea preesistente, tagliato sull'asse di simmetria, si chiude nell'aia quadrangolare della cascina Ronche Minore. A nord-ovest, sull'asse del primitivo edificio, è la casa del fittavolo, una costruzione d'angolo con elementi stilistici ottocenteschi secondo lo stesso modello della "villa padronale isolata" costruita all'esterno del perimetro.
Sul lato opposto della strada, verso sud, in asse con la "villa", sorge un nuovo imponente complesso, la cascina Ronche Maggiore.
Tre corpi paralleli, la casa colonica su strade due rustici disposti in successione, costituiscono l'ossatura del nuovo insediamento. Un impianto geometrico, definito da corpi ortogonali perimetra l'aia e la corte degli animali.
La casa colonica, tagliata da un portale ad arco, inquadra perfettamente la casa padronale; il fronte in stile neo visconteo, delimitato a nord-est dal torrione della casa del fittavolo, gli finisce per dare una sorta di ingresso monumentale alla strada che porta in paese.
La casa padronale, del tipo della villa blocco isolata, con muro pendente a scarpa, diventa così l'elemento di congiunzione fra le due cascine.
Le ulteriori espansioni della cascina Ronche Maggiore hanno confermato la regola di costruzione iniziale con l'aggiunta di corpi rustici paralleli in successione.

Vialetto verso la casa padronale sullo sfondo.
Cascina Settala
Ludovico Settala, vescovo di Cremona e propugnatore della costruzione del palazzo vescovile, diede il nome a questa cascina, che non è tuttavia molto documentata e ancora nel 1713 non figura nell'elenco delle cascine di Genivolta contenuto nel manoscritto della Platea Parrocchiale.
Relativamente vicina al centro abitato, il suo corpo principale apriva il porticato verso sud, in asse con la strada rettilinea proveniente dalla cascina Cicognaro.
Trasformazioni continue, demolizioni e nuovi corpi nascondono ora il fronte sopravvissuto della primitiva casa colonica seminascosto dietro le parti residue del porticato originario.
Se è impossibile individuare l'origine di questi elementi, è possibile invece osservare pur nelle forme delle più recenti tettoie rustici, l'estensione del ritmo originario del corpo antico alla lunghezza di tutta la cascina.
Cascina Valle
Il toponimo potrebbe derivare dalle monache benedettine di Valverde (Cremona) o Vallis Viridis che anticamente risiedevano Genivolta in prossimità della cascina che continuavano mantenere ancora nel quattrocento.
Su un sito rialzato, a nord del centro abitato, la Cascina Valle sorge in continuità con la cascina Bonanome Sotto, di cui sembra essere il nucleo fortificato.
L'edificio originario che termina sull'angolo della torre si allinea al corpo principale della Bonanome in un prospetto continuo, seppure a quote diverse, sull'asse della strada consorziale per l'Oglio.
Un canale ed il pendio separano le corti, in origine aperti a sud, delle due cascine. Il rustico porticato delle stalle a nord e le case coloniche a est costituiscono il nucleo ottocentesco della Valle.
Nel catasto del 1868 si nota che nel tempo entrambe le aie si sono definite più compiutamente nella canonica forma quadrangolare, realizzata attraverso l'aggiunta di corpi rustici è perimetrali della corte.
La stalla-fienile e il corpo d'angolo sul fronte Nord sono stati rifatti negli anni Trenta; una stalla moderna con ampio portico sostituisce il rustico precedente, riconfermandone tuttavia il perimetro. Anche sul lato opposto, a sud, nuovi rustici sostituiscono i precedenti edifici di fine secolo.

Cascina Valle.
Cascina Villanova
Sorge alla confluenza fra le rogge Barzaniga, Frata, Cappellana e la strada provinciale per Cremona. Le linee di fondazione degli edifici della Villanova derivano la forma triangolare dei tracciati del suolo irriguo.
Ricordata già nel 1471, la cascina era proprietà della Mensa Vescovile e controllava 800 pertiche cremonesi di terreno. Il corpo originario in linea, costituito da successione di casa colonica è rustico e porticato e le stalle a questo perpendicolari, disegnano nel catasto del 1855 una corte aperta su strada con la tradizionale aria rivolta a mezzogiorno.
Il disegno iniziale viene riconfermato nelle espressioni successive: a nord e a sud edifici a forma di "C", ortogonale rispetto ai canali, ricomprende la casa colonica antica e costruisce un piccolo borgo connotato da elementi stilistici di fine secolo che attribuiscono carattere civile all'abitato.
A sud, nuovi rustici oggi già abbandonati sono perpendicolari ai canali e costruiti al di là dei confini dell'aia continuando l'impianto originario e raddoppiando la corte rurale.
Edifici posteriori sono distribuiti lungo la linea continua dell'argine, ponendosi in stretta relazione ai sistemi irriguo della campagna.

Cascina Villanova.
Bibliografia
Dal volume Genivolta, promosso dalla Cassa Rurale ed Artigiana di Casalmorano, a cura di Valerio Guazzoni e testi di Angela Bellardi Cotella, Ardea Ebani, Andrea Foglia, Edoardo Guazzoni, Valerio Guazzoni, Michela Mazzolari, Alessandro Noci, Giuseppe Noci, Giuseppe Pontiroli, Francesca Riva, Arti Grafiche Rossi, Soresina, 1987.